Trappole e gabbie mentali al centro dei rapporti sentimentali
L’attrazione può trasformarsi in amore, quest'ultimo quando non è corrisposto può diventare tormento, se ostacolato potrebbe diventare passione bruciante. Se consumato del tutto… diventa, a essere fortunati, affetto. E questo può, più di ogni altra cosa, trasformarsi nell’anticamera della distruzione.
Si dice che la “consapevolezza” sia il primo passo verso il cambiamento.
Consapevolezza, però, non significa solo fare i conti con sé stessi e le proprie emozioni, ma soprattutto individuare le fonti da cui sgorga l'acqua nociva di cui ci abbeveriamo ogni giorno.
L’origine di un'insoddisfazione può nascondersi davvero in qualunque ambito: da un lavoro che non dà soddisfazione e finisce con il minare la propria autostima ad un rapporto di coppia che proprio non funziona, ma che, con ostinazione, protraiamo nel tempo senza accorgerci di quanto cibo nocivo ci costringa a mangiare. In quest’ultimo caso, non si tratta solo di quei rapporti in cui l’amore è giunto ufficialmente al capolinea, ma soprattutto di quelli in cui si continua a stare insieme perché sussiste un vincolo manipolativo che tiene uno dei due attaccato forzatamente all’altro.
QUANDO, L'AMORE, DIVENTA VELENO?
Quante volte si sentono pronunciare frasi del tipo: “nessuno ti obbliga a rimanere in una relazione malsana, il libero arbitrio dovrebbe sempre portare ad una scelta consapevole” da chi, fortunatamente, non ha mai pagato il prezzo dell’insofferenza affettiva. Facile a dirsi, certo.
Se è vero che nessuno ci costringe a stare insieme a qualcuno che non ci rende felici, se nessuno ci spinge a compiere azioni contro il nostro volere, come si spiega l'elevato numero di coppie che possiamo definire “richiuse in gabbia”, ossia incastrate in un rapporto che evidentemente non funziona, presente nella nostra società?
A fare da padrone in questo tipo di relazioni, infatti, non è di certo il sentimento, ma qualcosa di più profondo: vincoli emotivi, sensi di colpa, gelosia e dipendenza affettiva, sono solo alcuni dei sintomi più diffusi nelle cosiddette “coppie malate”. Non a caso tali tipologie di legami vengono definite nel linguaggio comune come relazioni tossiche, ossia relazioni in cui il collante che tiene uniti i due partner non è più l’amore ma, piuttosto, il veleno.
Consapevolezza non è quindi solo comprendere quando una relazione non funziona più come dovrebbe, ma soprattutto significa prendere atto della presenza di un’elevata dose di veleno, o energia nociva, che vi scorre all'interno. La consapevolezza, inoltre, non serve a nulla se ad essa non segue un’importante azione di disintossicazione.
Al pari di un drogato che viene isolato in una clinica specializzata nella disintossicazione da sostanze stupefacenti, anche l’individuo incastrato nelle spire di una relazione divenuta ormai tossica deve necessariamente avere la forza di compiere gesti importanti e per certi versi brutali per liberarsi dalla presa stretta di cui è finito vittima. Un amore tenuto in piedi da paure, timori o, nel peggiore dei casi, ossessioni e gelosie maniacali, non è reale e tanto meno sano. È necessario rendersi conto di quanto queste espressioni siano inoltre delle trappole emotive messe in atto per mantenere in vita un legame che non è più in grado di nutrirsi del naturale coinvolgimento sentimentale e passionale dei due partner e necessariamente deve trovare in una fonte diversa, seppur inquinata, da cui trarre cibo emozionale con cui sopravvivere.
La conseguenza? La sofferenza. Pura e semplice sofferenza.
LA DISINTOSSICAZIONE DA UN AMORE NOCIVO È POSSIBILE?
Monitorare lo “stato di salute” di una relazione è possibile se si dispone degli strumenti giusti: in questo modo è possibile evitare gli strascichi tossici degli stati d’animo che bloccano il cambio di direzione.
La presa atto del punto in cui la propria relazione è giunta nell’evoluzione fisiologica del rapporto è quindi sicuramente il primo passo da compiere verso il cambiamento.
L’azione risolutiva passa poi per la fase dell’identificazione dei "sintomi" che caratterizzano la propria relazione malata che, si badi bene, non sono i medesimi per tutte: la loro manifestazione può essere rappresentata dai naturali timori insiti nell’individuo che intende apportare un cambiamento nel rapporto, ossia la paura dell’abbandono affettivo piuttosto che il senso di colpa per l’eventuale distruzione di un rapporto affettivo, ma anche dal timore di essere soggetti ad un giudizio negativo da parte di chi è più vicino alla coppia. Poiché nella maggior parte dei casi questi timori finiscono per inibire il libero arbitrio nella presa di decisioni importanti per sé stessi e per la propria serenità, compresa quella più importante della chiusura, alla loro individuazione deve necessariamente seguire un lavoro di scioglimento dei vincoli stessi che impediscono la presa di decisioni importanti.
La presa atto dell’esistenza di esigenze emotive differenti da quelle che fino a quel momento hanno guidato il proprio modo di vivere il rapporto di coppia non deve spaventare o inibire: tutto ciò che si reprime, tutto ciò che si tenta di soffocare, si trasforma in ulteriore veleno capace di intossicare l’esistenza nel suo complesso.
Gli strumenti del Metodo Benemeglio©, uniti alle teorie evoluzionistiche e a quelle delle più avanzate Dinamiche Sociali, consentono oggi di lavorare su un doppio binario: da un lato aiutando l’individuo a liberarsi dei blocchi e dei vincoli che gli impediscono di prendere le dovute decisioni senza essere influenzato dalle proprie paure; dall’altro di agire su un piano prettamente comportamentale, fornendo all’individuo che lo desidera un set di strumenti utili a riaccendere il coinvolgimento nel proprio rapporto di coppia, attraverso l’impostazione di una specifica strategia, e addirittura di aiutarlo nella delicata fase di chiusura, affinchè questa possa avvenire in maniera indolore per entrambi i partner.
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